N° 105
CUCINA IRLANDESE
1.
Il mio nome è Matt Murdock e sono un avvocato. Cioè lo sono quando non
indosso il costume rosso che porto in questo momento e con il nome di Devil
combatto il crimine per le strade di New York.
C’è anche un’altra cosa
che dovreste sapere di me ma ci ritorneremo a tempo debito. Per ora vi basti
sapere che stanotte sono impegnato a fermare l’ondata di violenza scatenata sul
quartiere di Hell’s Kitchen da un uomo di nome Finn Cooley, un ex terrorista
nordirlandese che ha deciso di usare i suoi vecchi sistemi per diventare il
signore del crimine locale.
In questo momento sono
in piedi su un tetto non distante da una palazzina assieme a due donne molto
particolari: la Vedova Nera, ex spia russa, avventuriera internazionale, supereroina
a tempo perso ed Elektra, greca, ninja e famigerata killer a pagamento. Due
donne che hanno una cosa in comune: mi hanno amato ed io ho amato loro. Tutti e
tre stanotte siamo uniti dallo stesso scopo: impedire un omicidio, quello di un
ex gangster di origine irlandese come me di nome Eric Slaughter.
Pochi istanti fa, da
un’auto in corsa, qualcuno ha gettato una granata contro la porta della casa di
Slaughter ed ora un commando di una decina di uomini è sceso da quella stessa
auto e da un furgone appena sopraggiunto. Sono pesantemente armati ed il loro
scopo è palesemente chiaro ma se è Slaughter che cercano, sono destinati a
rimanere delusi.
Mi rivolgo ad Elektra:
-Niente uccisioni.-
-Non posso promettertelo, Matt.- replica lei.
Senza darmi il tempo di
ribattere salta giù dal tetto verso la casa.
-Sei troppo idealista, tesoro.- mi dice la Vedova e mi immagino che
sorrida.
-Un difetto che ho sin da bambino, lo sai, Natasha.- ammetto.
-Ed una delle cose che mi piacciono di te ma ora muoviamoci: non voglio
lasciare alla tua ex fidanzata tutto il divertimento.-
La sento far scattare il sottile cavo nascosto nei
bracciali che porta al polso, agganciarlo ad un lampione e lanciarsi nel vuoto.
Senza esitare la seguo.
La giovane donna bionda che indossa un
vestito rosso esce da una casa in arenaria in Hell’s Kitchen e si dirige verso
un’auto scura parcheggiata poco lontano. Senza la minima esitazione sale a
bordo.
Un uomo la attende seduto sul sedile
posteriore. Il suo volto è parzialmente coperto, la sua voce è roca:
-Com’è andata?- le chiede.
-Liscia come l’olio.- risponde la ragazza -Guarda tu stesso.-
Gli porge il suo
cellulare ed apre un video che mostra un uomo anziano disteso sul pavimento di
una casa in una pozza di sangue.
-Napper French non ti darà più fastidio.- dice ancora facendo un largo
sorriso -Ti avevo detto che avrei potuto farcela.-
-Ed hai fatto un buon lavoro,
Tulip. Non lo dimenticherò.-
-Lo so, Finn.-
-Paddy non era convinto che ci saresti riuscita ma dovrà ricredersi.
Vedremo se sarà altrettanto bravo con quell’altro vecchio bastardo di Eric
Slaughter.-
La ragazza di nome
Tulip O’Hara non risponde. Si appoggia al sedile e si aggiusta gli orecchini
con studiata indifferenza consapevole di stare giocando una partita molto rischiosa.
L’auto si immette nel
traffico e dopo poco una moto la segue.
Siedo nella mia canonica e penso alla
giovane donna che solo poche ore fa è venuta a confessarsi e mi ha rivelato di
essere un’assassina e che avrebbe ucciso ancora stanotte.[1]
Mi chiamo Sean Patrick Gawaine e sono un
prete cattolico ma sono anche un uomo lacerato dal dubbio. Sono certo che la
ragazza in questione non stesse mentendo: è una killer e stanotte ucciderà
ancora se già non l’ha fatto. Ma chi e dove? Il quartiere è molto grande non
saprei da dove cominciare.
Di lei so
solo che ha un evidente accento irlandese e che probabilmente ha meno di
trent’anni. Troppo poco per sapere chi è e provare a fermarla, anche se volessi
farlo a costo di violare il segreto confessionale, eppure vorrei poter fare
qualcosa anche se non so cosa.
Guardo il
crocefisso e mormoro:
-Signore… se tu potessi darmi un segno…-
La sola
risposta che ho è l’eco lontana di un’esplosione.
2.
So chi è stato ancora prima di toccare terra. Ho
perso la vista che ero un adolescente ma nello stesso incidente che mi reso
cieco ho guadagnato dei sensi superacuti, senza contare un senso radar che mi
permette di percepire i contorni delle cose intorno a me. Per questo so chi ha
lanciato la bomba sulla casa di Slaughter e so anche che non si è allontanato.
-Il Celta è dentro.- dico ad Elektra e Natasha.
-Vado io.- afferma Elektra e corre verso la casa.
-Dovresti andarle dietro se davvero vuoi evitare che ammazzi qualcuno.-
mi dice Natasha.-
-Il problema è…-
-Se stai per dirmi che c’è una mezza dozzina di uomini armati che si sta
avvicinando, beh me ne sono accorta già da un po’ e sono perfettamente in grado
di tenerli a bada da sola.-
So che ne è convinta.
Quanto a me, devo prendere una decisione alla svelta.
-Non farti ammazzare… e non far loro troppo male.- le dico.
Posso indovinare il suo
sorriso mentre faccio scattare il cavo nel mio bastone e mi slancio verso la
casa sfondando una finestra del primo piano a piedi uniti.
Sforzo i miei sensi e
tra i molti odori e rumori individuo quelli che sto cercando: una pistola
pronta a sparare, un particolare dopobarba, l’aria spostata dalla lama di una
katana ed una voce che grida:
-Maledetta!-
Ora so dove andare.
La Vedova Nera sorride mentre si prepara a
combattere. Non l’ammetterebbe facilmente ma le mancavano le sensazioni che sta
provando: l’affrontare un pericolo mortale, sentire l’adrenalina che le scorre
nelle vene.
-Inutile che vi nascondiate.- dice -So che ci siete.-
Escono dall’ombra e
sono armati. Credono di spuntarla facilmente perché loro sono in sei e lei è
sola.
-Vi sbagliate.- sussurra.
Un attimo dopo spara
una scarica di Morso di Vedova abbattendone uno. Spicca un salto e spara
ancora. Ne colpisce un secondo e sferra un calcio ad altri due. Ricade a terra sui
talloni, ansima leggermente. Forse non è ancora in perfetta forma fisica ma lo
è quanto basta per i suoi avversari.
-Siete rimasti in due.- dice con voce tranquilla -Volete ancora provare
ad uccidermi? Vi conviene essere davvero sicuri di potermi colpire, allora,
perché non vi concederò una seconda occasione.-
Ne ha uno davanti ed
uno alle spalle. Chi proverà per primo a sparare? Matt lo saprebbe ancora prima
che inizi l’azione, lei deve affidarsi all’istinto.
Serra le labbra e si
tuffa all’indietro sparando contemporaneamente un Morso di Vedova che abbatte
l’uomo alle sue spalle. Rotea su se stessa e con le gambe avvinghia quelle
dell’altro tizio facendolo cadere. Un attimo e gli è sopra con la mano destra
chiusa a pugno all’altezza dei seni frontali del suo avversario.
-Potrei ucciderti.- dice con voce dura.
La sua mano sinistra
scatta fulminea e colpisce di taglio il pomo d’Adamo dell’uomo e mentre lui
perde i sensi Natasha si rialza in piedi e sussurra:
-Sì, potevo ucciderti ma non ne valeva la pena.-
Salto oltre il pianerottolo e nel frattempo cerco
di farmi un’idea della situazione: odore di sangue, una pistola a terra e
quattro uomini armati che trasudano un misto di rabbia e paura.
Elektra non si volta
nemmeno e mi dice:
-Mi avevi chiesto di non ucciderli non di non mutilarli.-
Sospiro e replico:
-Cercherò di essere più preciso la prossima volta.-
Uno degli uomini
supera la paura e prova a spararmi ma io lancio il mio bastone e lo disarmo, il
bastione torna indietro e lo afferro con noncuranza dicendo:
-Vi conviene arrendervi adesso. Dovreste aver capito ormai che avete
fallito.-
Il Celta non è tra
loro, ma era qui poco fa, perché se n’è andato? A meno che…
-Fuori!- urlo -Fuori subito!-
Elektra non se lo fa
ripetere due volte e salta dalla più vicina finestra. Io mi rivolgo agli
scagnozzi davanti a me:
-Se non volete morire, muovetevi. Se non lo avete ancora capito, il
Celta ha deciso che siete sacrificabili.-
Non sono stupidi,
hanno capito l’antifona e corrono tutti verso l’uscita compresi i feriti. La
sola cosa che mi chiedo è se ce la faranno. Il tempo sta per scadere.
Sento un odore di
ozono e capisco che sbagliavo: il tempo è scaduto adesso.
3.
Mi sto per addormentare
quanto squilla il telefono. Riconosco il numero e so con certezza che ci sono
guai in arrivo.
Rispondo cercando di
essere sarcastico:
-Non dirmi che sei ancora al Bugle, Robbie? Se
continui così, la povera Martha chiederà il divorzio.-
-Non l’ha fatto negli ultimi trent’anni, dubito
che lo farà adesso.- risponde il mio direttore Joseph Robertson detto Robbie,
poi aggiunge -Quanto ti ci vuole ad arrivare a Hell’s Kitchen, Urich?-
Scatto
a sedere sul letto completamente lucido e replico:
-Altri guai?-
-Una vera guerra.- è la risposta di Robbie.
Ascolto
ancora e poi riattacco e comincio a vestirmi.
-Cerca di non farti ammazzare, Ben.- mi dice
mia moglie.
-Ti sembro il tipo che si tuffa in situazioni
pericolose, Doris?-
Lei
mi rivolge una strana occhiata, borbotta qualcosa e si rigira nel letto
dicendo:
-Spegni la luce quando esci.-
Afferro
il mio impermeabile e me lo infilo in ascensore. Scendo in strada, prendo al
volo un taxi e dico:
-A Hell’s Kitchen, presto.-
-È davvero sicuro di volerci andare, amico?-
ribatte l’autista -I notiziari dicono che sta succedendo il finimondo da quelle
parti. Polizia, pompieri, ambulanze stanno tutti convergendo lì. Deve essere
qualcosa di grosso.-
-Ed è per quello che ci vado.- ribatto -Ora si
muova.-
Quando
arriviamo il quartiere è illuminato dalle fiamme di vari incendi e ci sono
posti di blocco della polizia. Scendo dal taxi e mi avvicino alle transenne.
Mi ricordo una
situazione simile, quando quel super psicopatico chiamato Nuke mise a ferro e
fuoco il quartiere per tentare di uccidere Devil su istigazione di Kingpin.[2] La
sensazione di dejà vu è acuita quando vedo Angela Yin che scatta fotografie a
ripetizione come faceva la povera Glorianna O’Breen in quell’occasione.
Scaccio
i pensieri tristi e mi avvicino ad Angela:
-Com’è la situazione?- le chiedo.
-Confusa a dir poco.- risponde lei -Una bomba
ha demolito un edificio e l’incendio si è propagato alle case vicine. Ci sono
state altre esplosioni ma non si capisce se provocate da altre bombe o da
condutture del gas.-
-Era la casa di Eric Slaughter quella che hanno
fatto saltare. Se lui era dentro è quasi certamente morto.-
Mi
volto di scatto sentendo quella voce e mi trovo davanti una stangona dai lunghi
capelli biondi ed occhi azzurrissimi che riconosco come l’enigmatica, oltre che
bella da mozzare il fiato, Nina Zahl, reporter della WFSK, il network
televisivo delle Fisk Enterprises.
-E tu come lo sai?- le chiedo.
Lei
sorride in modo disarmante e risponde:
-Ho le mie fonti e come tu sai, Ben, noi
giornalisti proteggiamo sempre le nostre fonti.-
Per
un attimo mi viene da pensare che probabilmente si porta a letto qualche pezzo
grosso poi me ne pento: c’è qualcosa di disarmante in lei, come una sorta di
ingenuità e assenza di malizia che sembra incongrua in un tipo simile.
-Se il bersaglio era Slaughter…- dico -… quasi
certamente c’è di mezzo Finn Cooley.-
-Guardate!- esclama Angela.
Dal
fumo sta emergendo una figura che riconosco quasi immediatamente ma è Nina a
dire, quasi sussurrando, il suo nome:
-Devil.-
E
sorride mentre lo fa.
Sono saltato fuori dalla casa appena in tempo ma
ero ancora troppo vicino e sono stato sbalzato lontano dall’onda d’urto ed un
po’ di detriti mi sono caduti addosso. Il costume è stracciato in più punti ed
ho qualche abrasione di poco conto.
Il peggio è che il
rimbombo delle esplosioni ha praticamente messo fuori uso il mio superudito,
almeno per un po’, ed anche il mio senso radar è disturbato. Mi sento come un
vero cieco e non sono nemmeno in grado di capire se Natasha ed Elektra ce
l’hanno fatta.
Provo a concentrarmi ma
non è facile. Il rumore di fondo si attenua e riesco a sentire il tonfo di un
corpo che cade e poi una voce conosciuta:
-Matt, tutto bene?-
Natasha, viva. Grazie a
Dio.
-Adesso sì.- rispondo -Che è successo poco fa?-
-Ti riferisci al tizio che stava per spararti alle spalle? L’ho steso e
gli è andata bene: i cecchini della Polizia sarebbero stati meno misericordiosi
di me.-
Sorrido al pensiero di
Natasha che fa la misericordiosa e poi le chiedo:
-Elektra?-
-Non ne ho idea. Forse, visto che Slaughter può essere morto, avrà pensato
che non era più necessario rimanere.-
-Quel vecchio furfante non era in casa. Si aspettava tutto questo ed ha
giocato d’anticipo. Hai parlato di cecchini della Polizia. Come hanno fatto ad
arrivare tanto presto?-
-Lo sapevano!- comprende Natasha -Sapevano quando e dove sarebbe
avvenuto l’attacco anche se probabilmente non si aspettavano tutto questo.-
-E sai cosa significa, vero?-
-Slaughter o la Polizia hanno un informatore nella gang di Cooley.-
-Ed Elektra non era qui per proteggere Slaughter ma per una
rappresaglia. È tutt’altro che finita.-
Come a sottolineare le mie parole, da lontano
arriva l’eco di spari.
Tulip O’Hara osserva da una finestra i
bagliori degli incendi poi si rivolge a Finn Cooley:
-Tutto questo è opera tua, non è vero? Credevo che mi avessi mandato ad
uccidere Napper French perché volevi un lavoretto discreto e intanto preparavi
questo.-
-Non si fanno la frittate senza rompere le uova, Tulip.- risponde, con
voce tranquilla, il terrorista sfregiato -La gente di Hell’s Kitchen deve capire
che non si scherza con Finn Cooley.-
Pazzo, pensa la
ragazza, è completamente pazzo. Non era normale nemmeno prima ma dopo che
quell’esplosione gli ha portato via mezza faccia ha perso ogni freno e
quell’altro matto del Celta non ci pensa nemmeno a cercare di farlo ragionare.
Le cose possono solo peggiorare.
In quel momento una
finestra si infrange ed una figura femminile piomba all’interno della stanza.
Impugnando la sua
katana Elektra avanza risoluta verso Finn Cooley.
4.
Mi ci vuole solo un attimo per individuare da dove
provengono gli spari. Faccio scattare il cavo del mio bastone che aderisce ad
un vicino cornicione e balzo verso l’alto. Natasha mi segue.
-Non ti lascerò tutto il divertimento, Matt.- mi sussurra.
Slaughter o Napper
French hanno pianificato tutto questo, una vera trappola per Finn Cooley ma
scommetto che non si aspettavano questo scenario alla Belfast dei giorni cupi.
Un altro pensiero mi coglie: Slaughter ha chiamato
Natasha[3] per
avere il nostro aiuto o questo è un piano deliberato per eliminare anche noi?
Foggy Nelson mi direbbe che sono paranoico ma anche i paranoici a volte hanno
ragione.
-Cecchino a ore tre.- mi avvisa Natasha -Non è della Polizia.-
-Lo so, replico -È una donna… giovane e profuma di lavanda. Sul palazzo di
fronte ce n’è un’altra. Stesse caratteristiche, odore molto simile. Sorelle,
forse.-
-Sei sempre una miniera di informazioni, tesoro. Io prendo quella a
sinistra e tu quella a destra.-
Non mi lascia il tempo
di ribattere e si lancia nella direzione che ha scelto. Sospiro e vado a
destra. Volteggio sopra un tetto e sento la giovane donna che si sposta dalla
sua postazione.
Mi prende di mira ma è
di una frazione di secondo troppo lenta per me. Evito il colpo e lancio il mio
bastone.
Chiamatela abilità, chiamatela
fortuna ma il mio fidato amico finisce dritto nella canna del fucile della mia
avversaria che esclama:
-Oh m….-
Lascia cadere il fucile
mentre io atterro davanti a lei e dice:
-Avrei preferito circostanze migliori per il mio primo incontro con il
famoso Devil.-
Voce melodiosa, accento
irlandese. Mi ricorda la tizia con cui mi sono scontrato qualche giorno fa.[4] Non è
lei ma è molto simile.
-A volte sono le circostanze a scegliere noi.- ribatto.
-Già, che peccato.-
Mi sferra un calcio
rotante ma io me l’aspettavo e lo evito facilmente. Scatta sollevandosi con
grazia da terra e prova a colpirmi ancora ma di nuovo frusta solo l’aria. A
quanto pare, le fanatiche di arti marziali capitano tutte a me.
Sento che estrae un
coltello da una guaina e tenta un affondo che blocco serrandole il polso e
torcendoglielo.
-Hai un problema di aggressività o sbaglio?- le dico.
-Non è nulla di personale, ti assicuro.- ribatte lei.
Getta la testa
all’indietro e probabilmente mi romperebbe il naso se ancora una volta non
l’avessi anticipata lasciandomi cadere sulla schiena mentre lascio la presa sul
mio polso.
Lei non perde tempo e
si muove rapidissima. Un secondo e sento una lama acuminata premere sulla mia
gola.
La Vedova Nera volteggia in aria con la
grazia di una ginnasta ed arriva alle spalle di una giovane donna che sta
ricaricando il proprio fucile da cecchino. Matt aveva ragione come sempre,
pensa con un lieve sorriso.
Senza tanti complimenti piomba addosso alla
ragazza facendola cadere a terra e le è sopra sventolandole il suo bracciale
destro sotto il naso.
-Dipende solo da me se vivrai o morirai, scegli bene.- le dice.
La ragazza è davvero
molto giovane, ha i capelli biondi raccolti a coda di cavallo, occhi azzurri ed
indossa una tuta di un blu intenso aperta
sul davanti quanto basta da far capire che sotto non indossa nulla. Sciocca
esibizionista, pensa la Vedova con una smorfia.
-E la Vedova Nera non minaccia mai invano non è vero?- replica la
ragazza apparentemente remissiva.
-Sei parecchio lontana da Dublino, ragazza mia.- ribatte Natasha.
-Hai riconosciuto il mio accento? Sei davvero in gamba come dicono.-
-Anche di più, quindi attenta a non fare mosse inconsulte.-
-Farò la brava bambina, promesso.-
Mentre si rimettono in
piedi, Natasha non abbassa la guardia. La ragazza è decisamente troppo
arrendevole, ha in mente qualcosa, ne è certa. Non può aspettarsi aiuto dalla
sua amica sul tetto a fianco quindi o pensa di cavarsela da sola o…
Improvvisamente la
Vedova ricorda la regola della triangolazione: un cecchino a ciascun lato di un
immaginario triangolo. Uno a destra, uno a sinistra ed uno di fronte o dietro.
Si volta di scatto nel momento stesso in cui
arriva un proiettile. Con un grido strozzato si accascia al suolo.
Su un altro tetto alle sue spalle una donna
bionda con i capelli a caschetto e vestita di nero sorride soddisfatta.
Sembra decisamente una zona di guerra. La canonica
è stata trasformata in una sorta di pronto soccorso improvvisato. Suor Maggie
solleva gli occhi da un ferito e mi saluta.
-È venuto a dare una mano, Padre Gawaine?-
-Ovviamente.- rispondo -Com’è la situazione qui?-
-Ho visto di peggio. I feriti gravi sono pochi in fondo e di quelli si
stanno occupando i servizi di emergenza.-
Suor Maggie fa una
pausa ed in quel momento entra il mio vecchio amico Pop Fenton, allenatore di
pugili e gestore della vicina Palestra Fogwell. Ha un taglio sulla fronte.
-Pop!- esclama lei.
-Tranquilla, G… Maggie, non è nulla di serio.- replica lui.
-Questo fallo decidere a me, vecchio testone. Uhm sì, ora te lo
disinfetto e ti ci metto un cerotto.-
-Come stanno le cose la fuori, Pop?- chiedo al mio vecchio allenatore.
-C’era una specie di piccolo inferno fino a poco fa, figliolo… scusa,
non riesco proprio a chiamarti Padre.- mi risponde lui.
-Tranquillo, Pop, sono sempre Kid per te.- ribatto.
Kid era il mio nomignolo di quando ero un pugile ed
aspiravo al titolo dei Pesi Massimi. A pensarci ora, sembra passata una vita
intera.
Pop prosegue:
-Ho visto Devil e la Vedova Nera addentrarsi nella zona delle
esplosioni. Suppongo che vogliano cercare i responsabili.
Per un momento sono
sicuro di aver visto Suor Maggie impallidire.
5.
La Vedova Nera crolla a terra ed un rivolo di
sangue le cola sul viso. La ragazza bionda vestita di blu la osserva con aria
pensosa, poi dice:
-Mi dispiace davvero.-
Estrae qualcosa da una
tasca della sua cintura multiuso, un fiore azzurro per la precisione, e si
china per deporlo sul petto di Natasha.
Improvvisamente il
braccio sinistro della Vedova scatta e la sua mano si chiude in una morsa
ferrea sul polso destro della ragazza irlandese.
-Non sono ancora morta.- afferma Natasha -È presto per deporre fiori
sul mio cadavere.-
Con una mossa fulminea
trascina a terra la sua avversaria e le passa un braccio attorno al collo
tenendola tra sé ed il punto da cui è arrivato il proiettile che per fortuna
l’ha solo sfiorata.
-Vediamo se il tuo socio… o socia… è disposto ad ucciderti pur di
arrivare a me.-
Non accade nulla. La
Vedova fa una leggera pressione sul collo della ragazza che crolla svenuta.
-Avrei potuto ucciderti o ridurti ad un vegetale con una pressione più
forte. Non dimenticarlo quando ti sveglierai.-
Natasha rotola sul
tetto, raggiunge il fucile della sua avversaria e lo impugna.
-Uhm un Barrett MRAD equipaggiato con munizioni 308 Winchester Magnum,
eletto fucile dell’anno 2012 dalla NRA.[5]
Bell’arma se vuoi uccidere qualcuno a distanza.-
Sdraiata sul tetto la
Vedova Nera punta il fucile verso il punto da cui le hanno sparato poco prima.
In pochi attimi
calcola la direzione del vento, la distanza ed ogni altra cosa necessaria,
quindi sussurra:
-Vediamo chi di noi due è la migliore.
Due colpi vengono
sparati pressoché contemporaneamente. I proiettili fischiano nell’aria poi da
una delle due postazioni arriva un grido di donna.
-Bersaglio colpito.- commenta sorridendo la Vedova.
Un attimo è quanto mi basta per proiettare la mia
avversaria sopra la mia testa. Devo darle atto che è tenace.
Si prepara a colpire ancora quando si sente il
rumore di due spari da due direzioni opposte seguite dal grido di una donna che
per me è chiaro come se fosse vicina a me ma anche la mia avversaria deve
averlo udito perché esclama:
-No!-
Non sto a farmi
troppe domande ed approfitto del suo momento di smarrimento per colpirla e
stordirla.
Il mio senso radar mi
informa che Natasha si sta dirigendo sul tetto dove si trova la donna che ha
gridato.
La seguo ed arriviamo quasi contemporaneamente ma
ormai non c’è nessuno.
-È scappata dopo che l’ho disarmata.- commenta Natasha -Ha abbandonato
il fucile danneggiato dalla mia pallottola. È stato un tiro difficile, non ero
realmente sicura di farcela.-
-L’hai anche ferita, c’è del sangue.- affermo.
-Una piccola traccia, infatti. Una ferita non molto seria. Forse alla
mano.-
-Seguiamola.-
La traccia di sangue
arriva sino alla porta che dal tetto dà verso l’interno. Io e Natasha non
abbiamo bisogno di parole per sapere cosa fare.
Spalanco la porta con un calcio poi lei dice:
-Andiamo.-
Finn Cooley non mostra
paura mentre Elektra avanza verso di lui. Fa un passo indietro e
contemporaneamente aziona un telecomando. Subito una griglia laser si frappone
tra lui e la ninja greca.
-Credevi che non fossi preparato, strega?- dice.
Afferra il polso di
Tulip O’Hara e le grida:
-Vieni!
Imboccano un corridoio
mentre Elektra li osserva impassibile. Nello stesso momento delle canne di
fucile escono dalle pareti e cominciano a sparare.
Senza scomporsi lei rotea la katana ed
intercetta i proiettili poi si tuffa in giardino attraverso la finestra che
aveva precedentemente sfondato.
Mentre si rialza sente il rumore di un'auto
che parte dall’altro lato della casa. Senza perdere tempo spicca un balzo e si
aggrappa ad un cornicione. Con incredibile agilità raggiunge il tetto e corre
verso il lato opposto dove un’auto si sta allontanando.
Elektra si lancia nel vuoto, compie una
spettacolare capriola ed atterra sul tettuccio dell’auto. Immediatamente
l’autista comincia a sbandare cercando di farla cadere ma lei resiste.
Dall’interno dell’abitacolo qualcuno spara.
Elektra salta ancora e ricade di nuovo sul
tettuccio per poi calare la katana tagliandolo come se fosse burro. L’autista
si getta fuori dall’auto in corsa. La ninja lancia uno dei suoi sai colpendolo
alla nuca e guarda sotto. Sui sedili posteriori ci sono due manichini. Su
quello dalle fattezze maschili c’è una scatoletta con un display rosso con
cifre bianche che formano un conto alla rovescia ormai arrivato a 15 poi una
voce maschile gracchiante dice:
<<Sorpresa!>>
Elektra balza indietro
mentre le cifre sul display si esauriscono: 5,4,3,2,1… zero. L’auto esplode ed
è avvolta dalle fiamme.
Elektra, fuori dal
raggio dell’esplosione, osserva lo spettacolo consapevole che Finn Cooley l’ha
beffata ed è riuscito a sfuggirle.
6.
La ragazza dai capelli biondi tagliati a
caschetto che indossa una calzamaglia nera che le lascia scoperte le spalle
scende le scale tenendosi la mano destra insanguinata.
Quella maledetta
Vedova Nera, pensa, è riuscita dove lei ha fallito ed ora lei sarà fortunata se
riuscirà a fuggire. Beh, non è ancora finita. Il danno alla mano non sembra
grave ed almeno ha dato alle sue sorelle l’opportunità di scappare.
L’istinto la avverte
improvvisamente che qualcosa non va, ma è troppo tardi: una figura esce
dall’ombra e l’afferra per la mano ferita strappandole un grido e sbattendola
contro una parete.
-Credevi davvero che non ti avrei trovata, troia?-
Voce di uomo, viso
parzialmente nascosto da una sciarpa e da un cappello di feltro. Indossa un
impermeabile. In parole povere, sembra la versione distorta di The Shadow.
-C… Celta?- riesce a biascicare la ragazza.
-Mi conosci?- replica Paddy O’Hanlon detto il Celta mentre la tiene per
il collo.
La fissa ed alla fine
dice:
-Megan? Ma certo! Avrei dovuto capirlo subito. Le altre due sono le tue
sorelle, vero? Lavorate per French o per Slaughter?-
La ragazza non parla.
Con la mano sana cerca di raggiungere una pistola che porta al fianco ma non fa
in tempo: sente qualcosa di freddo alla bocca dello stomaco e poi il sangue
scorrere. Il Celta l’ha pugnalata?
-Non morirai, Megan.- le dice lui-Non prima di avermi detto tutto
quello che voglio sapere.
-Allontanati da lei.-
Quella voce colpisce
il Celta come una staffilata. Lui è qui e, pensa, sono stato stupido a non
pensare che sarebbe arrivato tanto presto.
Si gira con calma e si
trova di fronte Devil e la Vedova Nera.
Siamo arrivati troppo tardi per impedire al Celta
di pugnalare la ragazza ma forse siamo ancora in tempo per salvarle la vita.
Il Celta mi sta
guardando. Posso decifrare le emozioni che lo animano e tra esse la più forte è
l’odio.
-Hai il cuore troppo tenero. Hai dimenticato che questa puttanella ha
tentato di uccidere te e la tua amichetta per tacere di un bel po’ di altra
gente?-
-È questa la differenza tra noi.- ribatte Natasha -E ora metti le mani
bene in vista.-
-Altrimenti mi farai assaggiare il tuo Morso di Vedova? Sono molto
spaventato.-
È troppo calmo, ha
qualcosa in mente, ma cosa? Avverto un movimento del suo polso sinistro e
grido:
-Attenta!-
Natasha si scansa
appena in tempo: uno stiletto le passa accanto sfiorandole una guancia
Balzo addosso al
Celta e gli afferro i polsi. Cerca di divincolarsi e di sferrarmi una
ginocchiata all’inguine ma riesco a bloccarlo. Un combattimento diretto ad armi
pari non è il suo forte, cederà presto.
Lascio i suoi polsi e
gli sferro un diretto al mento. Lui barcolla verso una finestra ed è allora che
sento qualcosa che mi fa gridare:
-No!-
Una raffica di proiettili infrange i vetri della
finestra e colpisce il Celta alla schiena. Per un istante si muove come una
marionetta a cui hanno tagliato i fili cercando di rimanere in piedi mentre i
polmoni gli si riempiono di sangue poi indietreggia e cade oltre la finestra
nelle acque dell’Hudson River.
Mi tuffo anch’io. Nuoto nel buio mentre con i
miei supersensi cerco di ritrovare Paddy O’Hanlon ma senza successo.
Riemergo e mi rituffo più volte ma di lui nessuna
traccia, probabilmente la corrente l’ha portato al largo. Alla fine mi arrendo
e ritorno a riva dove trovo Natasha ad aspettarmi. Non mi dice niente, suppongo
che il mio sguardo sia abbastanza eloquente.
È arrivata un’ambulanza ed i paramedici vi stanno
caricando la killer accoltellata dal Celta. Ascolto i suoi parametri vitali e
mentre l’ambulanza parte dico:
-Può farcela.-
-E magari ci dirà qualcosa sulle sue socie.- replica Natasha -È stata
sicuramente una di loro a sparare al Celta e a quest’ora saranno ben lontane da
qui -
-Temo che tu abbia ragione.-
Prima che io possa
aggiungere altro ecco che arriva gente. Riconosco alcuni poliziotti e agenti
federali ed anche alcuni giornalisti tra cui Ben Urich ed anche un battito ed
un odore familiari ma che non riesco ad identificare poi scompaiono come se non
ci fossero mai stati ma forse mi sbaglio, forse sono solo stanco.
-Pare che sia finita, Matt.- mi sussurra Natasha.
Finita? Per stanotte,
forse, ma non sarà davvero finita finché Finn Cooley sarà libero.
L’auto si ferma davanti al portone di una
villa nel quartiere di Riverdale, nel North Bronx e ne scendono Finn Cooley e
Tulip O’Hara
-Eccoci arrivati, mia cara.- dice lui.
-L’ultimo rifugio.- commenta la ragazza.
-Ne siamo al corrente solo io, te e Paddy, i soli di cui mi posso
fidare davvero.-
-Io non ne sarei così sicura.-
A parlare è stata una
giovane donna dai capelli rossi e occhi verdi che indossa una tenuta da
motociclista e che esce dall’ombra puntando contro di loro un revolver Sig
Sauer Calibro 9mm.
-Chi sei tu? Come hai scoperto questo posto?- esclama Finn.
-Una risposta alla volta: Mi chiamo Dakota North, immagino che il mio nome
ti sia familiare.- risponde l’intrusa.
-Ma, certo! La figlia del tizio della C.I.A. che mi dava la caccia e
che Tulip ha ucciso.-
-Ho una notizia per te, bastardo: mio padre è vivo e la tua Tulip è…-
Dakota non fa in tempo
a finire la frase: Tulip O’Hara ha estratto dalla borsetta una Beretta 92 con
cui fa fuoco ripetutamente colpendola al petto.
L’investigatrice
privata cade a terra con un’espressione di stupore sul volto. Finn Cooley si
rivolge a Tulip:
-Ottimo lavoro, tesoro.-
Tulip fa un leggero
sogghigno poi punta la pistola contro Cooley e fa di nuovo fuoco. Colpito al
petto due volte l’uomo stramazza al suolo.
Tulip gli si avvicina
gli si avvicina e lui, ancora cosciente, le chiede:
-Perché?-
-Sei una scheggia impazzita, Finn.- risponde Tulip -I compagni nelle
Sei Contee[6]
non potevano tollerare il tuo comportamento e hanno chiesto a me di
provvedere.-
-Tu… cagna schifosa… traditrice della causa…-
-No Finn, ho tradito solo te… per il bene della causa. Adesso addio… e
a proposito: non ho ucciso neanche Napper French.-
Tulip spara due volte
alla fronte di Cooley dandogli il colpo di grazia, poi si china su Dakota
North, stordita ma viva grazie al giubbotto antiproiettile indossato sotto il
giacchetto
-Spiacente, sorella…- le dice -… ma tu non me lo avresti lasciato fare
ed io dovevo farlo. Tuo padre capirebbe ed in fondo te la sei cavata con
qualche costola rotta.-
-Tu…- sussurra a fatica Dakota -Tu sei…-
-Niente linguaggio scurrile. Non si addice ad una signora. Ora
rilassati.-
Dalla borsetta Tulip
estrae una siringa e spinge l’ago nel collo di Dakota che immediatamente si
rilassa.
-Un blando sedativo.- dice la bionda -Mi darà il tempo di allontanarmi
prima che arrivi la Polizia.-
Tulip sfila
giacchetto, pantaloni e stivali a Dakota e poi li indossa sopra i suoi
vestiti. Raggiunge la moto che Dakota ha
parcheggiato poco lontano, ci carica una valigetta, la accende con la chiave
trovata nel giubbotto, si infila il casco integrale e poi lasciandosi alle spalle
un uomo morto ed una ragazza svenuta e seminuda.
EPILOGO UNO
Quando io e Natasha entriamo nella camera di Dakota
North al Columbia Presbyterian Hospital, la troviamo piuttosto affollata. Ci
sono suo padre, un paio di agenti federali e di poliziotti delle task force
antiterrorismo e anti crimine organizzato ed anche l’investigatore capo del mio
studio Willie Lincoln, che oltre ad essere afroamericano è anche cieco come me.
-Scusate...- dico -Non vorremmo disturbare.-
-Matt!- esclama lei -Non disturbi affatto. Stavo raccontando la faccenda
di Finn Cooley, è giusto che ascoltiate anche tu e Miss Romanoff.-
-Natasha, solo Natasha.- ribatte la mia compagna.
Dakota racconta cose
che in parte già so e conclude:
-Io e Tulip eravamo d’accordo di sorprendere Cooley nel suo ultimo
rifugio. Lei non ne aveva rivelato l’ubicazione alla Polizia proprio per
consentirmi di affrontarlo da sola e regolare certi conti.-
-Atteggiamento rischioso.- commenta Willie.
-Non mi aspettavo che Tulip mi sparasse. Mi aveva chiesto di indossare
un giubbotto antiproiettile ma non immaginavo il vero perché.-
-Come stai?- le chiedo.
-Quattro costole rotte e un dolore acuto ogni volta che espiro ma non ho
altre ferite. Come ho detto, Tulip non intendeva uccidermi, il suo solo
bersaglio era Finn Cooley.-
-Non mi aveva detto le sue intenzioni quando le ho esposto il mio
piano.- interviene Sam North.
Il suo cuore ha un
balzo improvviso. Sta mentendo e non ne sono sorpreso. A giudicare dalle
reazioni di Dakota, quelle che io solo qui riesco a percepire, nemmeno lei gli
crede. Sam North aveva calcolato l’eliminazione di Cooley.
-Mi chiedo che fine abbia fatto Tulip.- dice Dakota -Dubito che sia
rimasta negli Stati Uniti. Avremmo dovuto far sorvegliare gli aeroporti.-
-Ormai è troppo tardi.- replica suo padre.
E sono convinto che abbia
ragione.
EPILOGO DUE
La ragazza bionda si
siede in un posto in business class su di un volo diretto a Parigi da cui poi
ci prenderà il treno Alta Velocità che la porterà a Londra attraverso il tunnel
sotto la Manica e da lì un volo per Belfast. Un giro molto lungo ma
indispensabile per non lasciare troppe tracce. Sam North non ci metterà troppo
impegno nel cercare di rintracciarla, dopotutto lei gli ha fatto un favore ma
la prudenza non è mai troppa, glielo ha insegnato proprio Finn Cooley.
Una hostess le si avvicina e le dice:
-Spero che si goda il viaggio, Miss O’Hanlon.-
Il nome con cui sta viaggiando è Padraigin
O’Hanlon e la diverte l’idea di usare la versione femminile del nome del
famigerato e sperabilmente defunto Celta. C’è una sorta di giustizia poetica in
questo.
-Ne ho tutta l’intenzione, mi creda.- replica, sorridendo, Tulip
O’Hara.
EPILOGO TRE
Il vecchio scende dal treno e si guarda
attorno. La città è cambiata in tutti questi anni ma al tempo stesso è sempre
la stessa, la verità è che è lui ad essere cambiato, è più vecchio e forse non
c’è più posto qui per lui.
Esce da Penn Station e
chiama un Taxi. Sale e dà all’autista un indirizzo.
-A Clinton, giusto?- dice il taxista.
-Ai miei tempi la chiamavamo Hell’s Kitchen.- risponde il vecchio.
- È da parecchio tempo che non ci torna, immagino.-
-Una vita… una vita intera...-
FINE
NOTE DELL’AUTORE
Termina così la lunga
saga di Finn Cooley, spero che l’abbiate gradita. Io ho fatto del mio meglio, a
voi l’ardua sentenza.
Poche
ma significative note:
1)
Abbiamo
salutato il Celta, personaggio regalatoci da Dennis O’Neil & David
Mazzucchelli. Mi è piaciuto usarlo ma tutte le parabole hanno una fine, giusto?
2)
Chi
sono le tre cecchine irlandesi? State sintonizzati e forse lo saprete.
3)
Ritroverete
Elektra prima o poi su Marvel Knights.
Nel prossimo episodio: le conseguenze di
questo, il ritorno di vecchi comprimari e molto di più.
Carlo
Carlo
[1] Nell’ultimo episodio.
[2] Nell’epico, indimenticabile finale di “Rinascita” su Daredevil Vol. 1° #227(In Italia su Fantastici Quattro, Star Comic, #43).
[3] Sempre nell’ultimo episodio.
[4] Tre episodi fa.
[5] National Rifle Association, la lobby dei costruttori di armi degli Stati Uniti.
[6] Così gli irredentisti irlandesi chiamano l’Irlanda del Nord.